venerdì 26 giugno 2015

RGD: Birdman - o l'imprevedibile virtù dell'ignoranza

Mi sono preso il mio tempo per fare la recensione di questo film uscito a gennaio perché, essendo anche regista e sceneggiatore, quando lo vidi al cinema rimasi totalmente abbagliato dall'aspetto tecnico del film e non sarei stato obiettivo. Cento minuti di piano sequenza, dopotutto, stupiscono chiunque, figurati uno che sa quanto difficile è realizzarlo (anche se qui sono sedici, uno in sequenza all'altro in modo che sembrino un unicum). Di fatto, quindi, alla prima visione mi sono "perso" la storia, i personaggi, le sfumature.
Sono passati sei mesi, e mentre mi concentravo sul dimenticare tale prodigio, Birdman - o l'imprevedibile virtù dell'ignoranza ha vinto 4 Oscar (i più importanti: regia, sceneggiatura originale, fotografia e miglior film) con due incredibili secondi posti (attore protagonista e non-protagonista); uscito per l'home video, l'ho comprato e rivisto, questa volta concentrandomi sulla trama, sui personaggi, sulla recitazione. Rimane un film fantastico. Ma ecco in arrivo un'opinione abbastanza impopolare: m'era piaciuto di più prima.



Non che la trama sia brutta, anzi: il film parla di Riggan Thompson (Michael Keaton, superbo), un attore diventato famoso e miliardario agli inizi degli anni Novanta interpretando il supereroe Birdman in una grande trilogia hollywoodiana, e che in seguito ha sperperato tutto (soldi, carriera e vita personale). Riggan, ormai sulla cinquantina e sul viale del tramonto, vuole dimostrare al mondo (e soprattutto a se stesso) di non essere solo Birdman, ma di essere uno splendido attore drammatico e mette quindi in scena uno spettacolo a Broadway tratto da libro di Raymond Carver (l'autore che lo scoprì come attore anni prima) “Di cosa parliamo quando parliamo d'amore”.


Il problema è che Riggan è completamente sopraffatto dalle lotte interiori (sente nella sua testa la voce di Birdman che continua a umiliarlo e che cerca di convincerlo a tornare ai blockbuster dai soldi facili, e si convince di avere poteri paranormali), ma anche dalle lotte esteriori: i soldi vengono a mancare nonostante il suo migliore amico, avvocato e produttore Jake (Zach Galifianakis, magro e convincente) abbia dato fondo a ogni riserva, cosa che costringe Riggan a ipotecare la sua casa di Malibu. Inoltre, un riflettore cade in testa all'attore co-protagonista che minaccia di far causa al teatro. A conclusione del tormento di Riggan, sua figlia Sam (Emma Stone), ex tossicodipendente, gli fa da assistente, ma il loro rapporto è tormentato perché lui è sempre stato un padre assente (oltre che un marito assente e infedele, e infatti è divorziato); e perfino la storia d'amore fra Riggan e l'attrice Laura (Andrea Riseborough) sta andando alla rovina. Insomma, la vita di Riggan è un vero casino, e mancano 4 giorni alla premiére.
Come parziale soluzione a questo disastro, per sostituire l'attore infortunato viene rimediato Mike Shiner (Edward Norton, più che pazzesco), marito della protagonista dello spettacolo Leslie (Naomi Watts) con cui è in crisi piena, maniaco della verità sul palcoscenico, preciso all'inverosimile e dal carattere completamente ingestibile; Mike attira il pubblico di Broadway, non si può mandare via, ma Riggan teme che gli rubi la scena in questo spettacolo per cui ha dato tutto.
Le tre anteprime vanno un disastro, mentre la situazione degenera sempre di più e Riggan si trova a fronteggiare tutti i suoi conflitti personali (con Birdman), familiari, amorosi e professionali (la giornalista del Times, Tabitha Dickinson, è pronta a massacrarlo per dare l'esempio a tutti gli attorucoli di Hollywood che l'Arte è un'altra cosa).
Ma inaspettatamente, lo spettacolo diventa un successo quando Riggan, al colmo della disperazione, tenta il suicidio in scena. E questa è la svolta della sua vita: gloria e riconoscimenti artistici piombano in massa e finalmente Riggan può mettersi Birdman alle spalle.



C'è molto da raccontare in questa pellicola e la vera sfida del film è quella di farlo in piano sequenza: i sedici sequence shots sono affiancati uno all'altro in modo da sembrare uno solo e la telecamera continua a girare vorticosamente fra corridoi, sale teatrali, Times Square, teatri, bar, tetti, strade e platee, con una fluidità meravigliosa che fa riscoprire al pubblico la meraviglia che provarono i francesi nel 1895 davanti al treno dei Fratelli Lumiére: pura estasi. Impossibile non premiare il film come Miglior Film e Miglior Fotografia, è tutto semplicemente perfetto. La tecnica audio-video non ha una sbavatura, non c'è un errore, il ritmo è perfetto e non era affatto semplice scandire il passare dei giorni senza mai staccare la telecamera.
E questo è merito anche della sceneggiatura, che costruisce i personaggi in maniera perfetta attraverso dialoghi e situazioni sempre nuove, in modo tale che i personaggi si muovano in un flusso coordinato per cui prima io spettatore ne seguo uno, poi l'altro, ma nel frattempo il primo ha fatto qualcosa che io capisco che è successa senza che me lo si dica. Molti i monologhi, e forse in alcuni punti i personaggi tendono troppo a “spiegarsi”, ma non trascuriamo due elementi fondamentali del film che consentono di "passare sopra" a questo difetto: il primo è il meta-spettacolo, Birdman è una piéce teatrale raccontata al cinema, in cui lo spettacolo che Riggan mette in scena si confonde con la sua vera vita; il secondo è la regia sublime che consente, sempre senza staccare la macchina da presa, di passare agilmente da ciò che Riggan vive nella sua testa alla realtà dei fatti (la scena in cui Riggan finisce il suo volo fra i grattacieli e poi spunta il tassista che in realtà lo ha accompagnato è magistrale).
Ci sono poi alcuni espedienti meravigliosi: la colonna sonora, quasi esclusivamente suonata con la batteria, viene integrata nel film, dato che per due volte Riggan passa accanto al batterista che la suona. Geniale. Oppure memorabile è la manifestazione in carne e ossa di Birdman, con una momentanea trasformazione del film in un blockbuster hollywoodiano.



Perché allora dico che mi era piaciuto di più la prima volta? Perché sotto la patina di magnificenza c'è la sensazione che ci sia davvero troppa carne al fuoco, cosa che ha impedito di approfondire meglio alcuni personaggi (soprattutto la figlia Sam, l'avvocato Jake e l'attrice Laura); Naomi Watts stona nel cast ed è abbastanza fastidiosa nel ruolo di Leslie con il suo conflitto di essere attrice per la prima volta a Broadway che non valeva la pena inserire e che sfocia in un bacio lesbo con Laura del tutto gratuito e forzato.
Ma soprattutto, il dialogo fra Riggan e la critica Tabitha Dickinson al bar sembra quasi voler mettere le mani avanti al film stesso: se le critiche mi stroncano, a voi non costa niente farle, non rischiate nulla, ma per me invece questo film è tutto. È un peccato che tutto si riduca a questo, perché il rapporto con la critica nella sceneggiatura lascia trasparire soltanto puro astio verso una categoria, un astio che sa molto di personale (non solo di Riggan, ma del regista Inarritu stesso), mentre invece sarebbe stato meglio ampliare il discorso, come invece è stato fatto bene riguardo al tema della rivalità artistica, economica e culturale fra chi fa cinema e chi teatro, con tutte le spocchie e i luoghi comuni che la discussione atavica si porta dietro.



Qualche falla che comunque non impedisce a Bidman di essere il film dell'anno 2014, nonché un vero e proprio capolavoro di tecnica cinematografica. È uno di quei film che forse piace di più ai tecnici di settore che al pubblico comune, ma dato il tema trattato è giusto che sia così. I premi sono tutti meritati, anzi: i mancati Oscar ai due attori Keaton e Norton fanno quasi male (ma Keaton aveva vinto già il Golden Globe).
Se non altro, qualcosa di veramente nuovo nel panorama cinematografico. Ce n'era veramente bisogno.


Voto finale: 8.5
(9.5 la tecnica, 7.5 il resto)




2 commenti:

  1. Edward Norton è sempre bravissimo ed ama sempre mettersi in gioco. In quest caso ha tirato fuori James Dean nel 2000.
    Ma Keaton è davvero così bravo? Per mio parere personale direi: SÌ, È BRAVO, ma non bravissimo.
    Mi è capitato varie volte a teatro di vedere attori che mettono in scena direttamente loro stessi. È un modo di denudarsi al pubblico ma è anche un modo di non affrontare la sfida di interpretare qualcun altro. La tensione che ne scaturisce a vederli è diversa da quella dell'attore che interpreta, sembra più un desiderio di essere amati a tutti i costi. Ecco, Keaton un pochino mi ha dato la stessa sensazione. Ciò non toglie che sia un grande attore, che ti tiene incollato allo schermo per due ore, ma per me "superbo" è un'altra cosa.

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  2. L'obiettivo di Riggan Thompson nel film è proprio quello di essere amato a tutti i costi... da un certo punto di vista è coerente con il proprio personaggio. Che ne pensi?

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