domenica 14 giugno 2015

RGD: Youth - La Giovinezza

Lo so, lo so, e avete ragione. Sono mancato all'appello con le mie recensioni per qualche mese, e chiedo scusa, ma chi ha seguito un po' la mia pagina Facebook sa che sono stato impegnato con il Festival di Cannes, perciò da un lato ho visto troppi film per recensirli tutti, dall'altra non ho avuto il tempo materiale di farlo.
Ma uno lo devo recensire, ora. Sono giorni che ci penso: lo faccio o non lo faccio? Ho deciso di vuotare il sacco a seguito dei molti dibattiti e delle semplici chiacchierate che ho affrontato in merito. Il film in questione è Youth – La Giovinezza di Paolo Sorrentino.
Ho visto questo film due volte: la prima è stata proprio al Festival di Cannes, dove sapete che il film era in concorso per la Palma d'Oro (poi vinta dal transalpino Audard col suoDeephan). Vestito di tutto punto, ho assistito alla proiezione di Youth in lingua originale (inglese) con sottotitoli in francese, nel meraviglioso Grand Theatre Lumiére, una delle sale più belle d'Europa per qualità audio-video. La seconda volta è stata tre sere fa, nel mio cinema di fiducia di Paderno Dugnano, nella versione in lingua italiana. Ebbene, reggetevi forte: il film mi è piaciuto entrambe le volte.




Aaaaahhh! Sacrilegio! Filmaccio kitsch, pieno di stereotipi, lento come la morte, felliniano oltre misura, retorico, fastidioso...” ragazzi, oggettivamente, io vi voglio bene, ma voi... che film avete guardato? Stiamo parlando veramente della stessa pellicola?
Andiamo con ordine e riassumiamo brevemente la trama. “Ma il film non ha una trama!” e invece ce l'ha, una trama: non è che siccome la sceneggiatura non è divisa in tre atti alla maniera americana e gli indizi non vi vengono dati uno dopo l'altro come biada ai cavalli, allora non esiste una trama. Il film racconta la vecchiaia di Fred Ballinger (Michael Caine, un po' compassato e molto meglio in lingua originale), compositore di successo e in passato amico anche di Stravinski, ormai ritiratosi dalla vita musicale e, probabilmente, dalla vita in generale. Fred sta trascorrendo l'estate in un lussuoso albergo con spa e centro benessere fra le alpi svizzere, circondato da persone di tutte le età (ma soprattutto anziani) che si aggirano silenziose fra le stanze, le saune e i giardini lottando come anime in pena per sfuggire al tempo che avanza inesorabilmente. A sua volta Fred pare affetto da una forma di apatia derivata dal continuo pensare ai sogni (ormai pochi) e ai ricordi (molti, con altrettanti dimenticati per via dell'età); la vecchiaia spinge Fred ad isolarsi e a rinchiudersi dentro se stesso; è inoltre crucciato perché viene ricordato solo per aver composto le Canzoni Semplici, la sua unica tentazione alla “musica leggera” in una carriera di grandi successi intellettuali.
Ecco perché rifiuta categoricamente di dirigere per un'ultima volta l'orchestra della BBC davanti alla Regina Elisabetta, la quale desidera proprio che vengano eseguite le Canzoni Semplici come regalo per il consorte, il Principe Filippo. Un duro scontro verbale con la figlia Leda (Rachel Weisz, in gran forma e davvero strepitosa nel suo monologo centrale) lo costringe a confessare che quelle Canzoni Semplici sono state scritte perché solo la moglie di Fred potesse cantarle, per ricordare il loro amore nonostante la vita di sofferenze e tribolazioni che Fred ha fatto passare alla sua famiglia quando era più giovane (arrivando a tradire la moglie anche con uomini): ecco perché non intende dirigerle davanti alla Regina.
Nel frattempo, Leda viene lasciata dal marito Julian, che la scarica per fidanzarsi con una anonima popstar. A cercare un rimedio per la situazione, purtroppo invano, è il padre di Julian, Mick Boyle (eccezionale Harvey Keitel), nonché migliore amico di Fred. Mick è stato un regista di grandissimo successo e talento e ora è in ritiro con la sua equipe di giovani sceneggiatori proprio nello stesso albergo di Fred: Mick sta scrivendo “L'ultimo giorno della vita”, un film che considera eccezionale, il suo vero e proprio testamento artistico, e che intende a tutti i costi fare interpretare a Brenda Morel (Jane Fonda, maleficamente tosta), un'attrice sulla settantina che ha già fatto 11 film insieme a Mick. La vecchiaia su Mick genera l'effetto opposto che su Fred: Mick non si rassegna al passare del tempo, non riesce a stare senza fare niente, è iperattivo, ha energia, ha voglia di vivere. Purtroppo è la stessa Brenda a fargliela passare, in un dialogo di rara cattiveria fra due anziani che si vuotano il sacco di anni di parole non dette. Brenda rinuncia al film preferendo fare una serie tv, Mick non regge il colpo e si suicida.
È quindi la morte di Mick a scuotere Fred e a spingerlo a tornare sui suoi passi e decidere di accettare l'offerta della Regina: scopriamo che la moglie di Fred non è morta come invece si credeva, ma che è gravemente malata, e assistiamo infine al concerto diretto da Fred, al cui termine non ci sono applausi, ma solo l'immagine del ricordo di Mick, silenzioso, che guarda Fred mimando un binocolo: come aveva detto in precedenza durante il film, la giovinezza, da anziani, appare sempre così lontana.



Prima di intraprendere l'analisi, è doveroso che io sottolinei dov'è che tutta la critica ha sbagliato. Il film non parla della vecchiaia, signore e signori, il film parla della giovinezza(e sì che il titolo è abbastanza eloquente, eh...) Tutti i critici a dire che la pellicola affronta il tema della vecchiaia, che banalizza la vecchiaia, che rappresenta male come si invecchia.... cari signori, al centro del film c'è la giovinezza, come la vive chi la vive ancora, e come la ricorda chi l'ha vissuta. Tutti i personaggi che alloggiano nell'albergo sono anime in pena che si muovono come in un purgatorio perpetuo cercando di preservare il corpo nella giovinezza, è la giovinezza che diventa simbolo di una lotta infernale (quelle saune sono veri e propri gironi dell'inferno da Divina Commedia), quelle sono delle “non-persone” perché il messaggio vero, di fondo, è che tu sei qualcuno solo da giovane.
È da questo presupposto che bisogna partire ad analizzare i due protagonisti, Fred e Mick. Fred è uno che la pensa proprio così, che si è annullato, rinchiuso in se stesso, “dimenticatemi” dice ai francesi che vogliono scrivere un libro sulle sue memorie: svanita la giovinezza, svanisce la persona, così come svaniscono i ricordi. Mick, invece, non si rassegna a questa cosa, lui vuole disperatamente "essere" anche da vecchio, e quando sono altri che glielo impediscono, allora fallisce e crolla, e si toglie la vita. QUESTO è il messaggio di Sorrentino: tutto ruota intorno alla giovinezza, altro che vecchiaia e vecchiaia.



La giovinezza è alla base di tutti i personaggi di contorno, che sono tanti, e sono tutti meravigliosi: in primis il giovane attore Jimmy Tree (Paul Dano, in gamba), anche lui affetto dal problema di Fred, viene ricordato solo per aver interpretato un robot e nessuno si ricorda dei suoi grandissimi ruoli: lui vive la giovinezza e studia chi non ce l'ha più per interpretare Hitler nel suo prossimo film, e cosa dice alla fine? “Ho dovuto scegliere. Dovevo scegliere se interpretare l'orrore di Hitler, o il desiderio di Hitler. E guardando voi anziani ho scelto il desiderio”, ovvero il desiderio della giovinezza.
Ma anche tutti gli altri personaggi rappresentano la giovinezza: Miss Universo (Madalina Ghenea), nuda e splendente come una dea, è la giovinezza della passione; la coppia di anziani che non parlano mai al ristorante è la fine (o quasi) di quella stessa passione; la giovane massaggiatrice è la giovinezza che esplode al suo massimo, quando balla davanti ai videogiochi e non teme di toccare le altre persone, all'opposto della ragazzina prostituta che squallidamente ogni notte si vende ai vecchi dell'albergo accompagnata dalla madre: ecco, lei è la giovinezza negata; e poi c'è un disgustoso e invecchiato Maradona con Marx tatuato sulla schiena che vive nel ricordo della giovinezza del benessere fisico, all'opposto di Brenda Morel, l'attrice preferita di Mick, che la giovinezza la mantiene davvero, nonostante gli anni che passano: lei è e sarà sempre Brenda Morel, non esiste vecchiaia che le porterà via questa cosa.



La sceneggiatura e la regia, entrambe firmate Sorrentino, hanno sì delle pecche: alcune scene sono effettivamente kitsch (la direzione d'orchestra delle mucche, Maradona che palleggia con la pallina da tennis, il videoclip immaginario della popstar) e alcune inquadrature sono ai limiti del fastidioso (le lunghe passeggiate a inquadratura larga con il teleobiettivo, ad esempio), ma devo dire che del tutto inaspettatamente si ride molto nella prima parte, si pensa altrettanto nella seconda, e perfino il montaggio è meno statico del previsto, seppure i ritmi siano tipicamente sorrentiniani (leggi: lenti). Alcuni passaggi, però, è innegabile, sono emozionanti (Fred che si immagina la moglie malata che canta nel finale, ad esempio, o il suicidio di Mick davanti agli occhi di Fred, così a freddo che non te l'aspetti).
Ci sono forse troppe battute “didascaliche”, che vogliono dare a tutti i costi una morale e che appesantiscono alcune scene, troppi nudi integrali (di ambo i sessi) che nonostante la scusa del “nudo artistico” dopo un po' faticano a trovare un senso, ma la fotografia è spettacolare, ogni immagine è un quadro: c'è Fellini dietro, sì, ma c'è soprattutto Luca Bigazzi (direttore della fotografia) che approfitta alla grande delle spettacolari location svizzere, ma allo stesso tempo ben sa come si piazzano le luci negli interni e sa quando far muovere la macchina da presa. Le musiche sono decisamente appropriate e danno il giusto ritmo al film: iniziano subito con il piglio vivace della canzone di inizio pellicola, allegra e ritmata, e chiudono con la malinconia delle Canzoni Semplici di Fred cantate dalla soprano Sumi Jo (che interpreta se stessa), ma del resto la vita è così anche nella musica: all'inizio, nella giovinezza, si alzano i ritmi, man mano che si va avanti aumentano i pensieri, diminuiscono le risate, rallentano i ritmi, e la musica si fa malinconica come i ricordi.



In definitiva, una bella opera davvero. La critica dovrebbe imparare a distinguere le opere dagli autori e analizzare ogni film per quello che è, senza tirarsi dietro gli strascichi dell'autore (l'astio per l'immeritato Oscar a "La Grande Bellezza" è stato qui ampiamente sfogato).
Se l'avessi fatto io questo film, sarei forse stato dipinto come una piccola rivelazione italiana; invece Sorrentino è Sorrentino, ma io dico “chissenefrega”. Ho odiato “Il Divo”, “L'amico di famiglia”, “La Grande Bellezza”, tutti sopravvalutati. 
Ma QUESTO film è oggettivamente bello. E capisco che possa non piacere, per carità, ma ero al Festival di Cannes quando la stampa l'ha sommerso con fischi che coprivano gli altrettanti applausi.
Se questo film merita dei fischi, voi vi meritate i cinepanettoni.


Voto finale: 8.5

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