domenica 14 giugno 2015

RGD: I Sogni Segreti di Walter Mitty

Disorientato e provato dall'assurda temperatura della sala cinematografica (un guasto all'impianto probabilmente, circa 30°C!), ho assistito alla proiezione di un film che avevo gran curiosità di vedere: I sogni segreti di Walter Mitty, ultima opera (la quinta in qualità di regista) di Ben Stiller.
Chiunque si aspettasse una commedia in stile Zoolander è rimasto profondamente deluso (a dire il vero, sarebbe bastato informarsi per saperlo): giunto alla soglia dei cinquant'anni, il buon Ben opta per un film più riflessivo e più rilassato, una commedia dal buon ritmo, gradevole e scorrevole, un viaggio alla scoperta di sé che mira a ritrovare il vero senso della vita. 



Proprio dalla parola vita, "life", si sviluppa la trama della pellicola. Ben Stiller interpreta Walter Mitty, da 16 anni responsabile del sottovalutato ma fondamentale reparto negativi della famosa rivista LIFE, il mensile fotografico di TIME. Se la rivista LIFE ha avuto il grande successo che tutti conoscono lo si deve proprio a Walter, che rimanendo nell'ombra per 16 anni ha raccolto, sviluppato e stampato tutte le fotografie inviate dai più grandi fotoreporter della storia. Questo suo prezioso lavoro "dietro le quinte" ha portato Walter a sviluppare un profondo senso di solitudine che sfocia in un curioso difetto, quello di "incantarsi" e iniziare a viaggiare con la mente immaginando scenari di vita assurdi e irreali che lo vedono protagonista.
Inoltre, il lavoro gli ha sempre impedito di girare il mondo: tutto ciò che ha visto, lo ha visto tramite le fotografie che ha sviluppato. Per questo motivo Walter si trova in seria difficoltà a mostrare il proprio interesse per la nuova collega Sheryl: Walter pensa di essere poco intrigante e di non aver punti di forza. Per questo chiede aiuto a Todd, il gestore account di un sito di incontri a cui anche Sheryl è iscritta, in modo che Todd rimpolpi il profilo di Walter allo scopo di farlo apparire più intrigante.
Tutto sembra procedere in questa routine, ma d'improvviso le cose cambiano alla rivista LIFE: la chiusura della versione cartacea della rivista è imminente, e la nuova gestione di giovani rampanti, irrispettosi della tradizione, guidata dal nuovo amministratore Ted Hendricks, è pronta a licenziare tutti gli impiegati che nella nuova era digitale della rivista non avranno più posto: fra questi proprio Walter, dal momento che le foto non dovranno più essere sviluppate. Ecco perché, per conservarsi il posto, Walter deve recuperare la prestigiosa foto n°25 del grande fotografo Sean O'Connell e farne la copertina dell'ultimo numero cartaceo della rivista.
Purtroppo la foto n°25 è l'unica mancante nel rullino che Sean ha spedito a Walter insieme ad un portafoglio in regalo. Facendosi aiutare proprio da Sheryl, Walter si mette alla ricerca di Sean per recuperare il negativo perduto e intraprende un viaggio in solitaria che lo porterà in Groenlandia, Islanda e Himalaya. Quando troverà il fotografo (interpretato per breve tempo, ma meravigliosamente, da Sean Penn) scoprirà che la foto perduta era sempre stata all'interno del portafoglio ricevuto in regalo.
Walter non riuscirà a salvarsi il posto, ma grazie a questa esperienza avrà visto il mondo, fatto cose incredibili, si sarà avvicinato a nuove persone, avrà smesso di "incantarsi" e iniziato una relazione con Sheryl: avrà fatto tutto quello che lo slogan della rivista LIFE diceva di fare.
E come premio, scoprirà che in quello scatto n°25 sulla copertina dell'ultimo numero della rivista vi era ritratto proprio lui, intento a esaminare le foto da sviluppare. Dedicato "a chi la rivista l'ha fatta sul serio". 



Partendo da fatti reali (la vera rivista LIFE ha chiuso nel 2004 per poi trasformarsi in una versione digitale fino al 2007, anno della chiusura definitiva), Ben Stiller si dipinge addosso un personaggio sfaccettato e complesso, dirigendo se stesso con grande maestria e dimostrando una notevole crescita nella gestione cinematografica di sé. Walter Mitty incarna tutti quelli che svolgono lavori fantasma, quelli che fanno i lavori che costituiscono le fondamenta, lontani dai grandi palcoscenici patinati, quelli che si rimboccano le maniche e lavorano sodo e con precisione e competenza. Incarna i timidi, quelli che anche nella vita si fanno da parte. Incarna i sognatori, quelli che hanno una mente creativa, incarna quelli che vogliono vivere, quelli che trovano il coraggio di farlo, quelli che amano il rischio e il cambiamento, incarna la voglia di crescere, di cambiare. Non c'è spazio in Walter Mitty per la depressione o la noia (cerca di evitare sistematicamente la madre -alla quale dovrà molto nel finale- e la sorella, non si lascia abbattere dal licenziamento, non si lascia sopraffare dall'ira o dall'odio). Walter Mitty è l'uomo che tutti dovremmo (non vorremmo, ma dovremmo!) essere. Forse manca un vero conflitto in Walter: il suo unico punto debole è il ricordo del padre morto, ma non importa, Walter rappresenta altro. Il vero conflitto è ritrovare se stessi.



Il film è estremamente Stiller-centrico, motivo per cui anche gli altri personaggi perdono forse un po' di spessore. La collega Sheryl rappresenta la molla che serve a Walter per cambiare, ma di lei sappiamo soltanto che è divorziata, ha un figlio e le idee poco chiare (l'assenza di un vero conflitto la penalizza). Il collega di reparto è simpatico, ma pura figura di contorno, così come lo sono la madre e la sorella di Walter, importanti certo, ma troppo necessarie alla caratterizzazione di Walter per poter essere personaggi dalla vita propria. Tutte queste figure sembrano più necessarie alla sceneggiatura per descrivere il protagonista, piuttosto che persone delle quali sto osservando attimi di vita.
Più caratterizzato invece è l'odioso nuovo amministratore Ted Hendricks, dall'orrenda barba e la faccia da schiaffi, anche se a volte rischia di finire nello stereotipo del giovane rampante che se ne frega di ciò che è stato e che è ignorante (nel senso che ignora) del passato e delle buone maniere e, perché no, rappresenta anche la critica al fatto che non sempre la digitalizzazione della Vita (Life, ancora una volta) sia un bene, e che si rischia di perdere contatto con la realtà. 
C'è poi Sean O'Connell, il fotoreporter interpretato da Sean Penn, un Robert Capa della natura, che instaura un curioso dialogo con Walter Mitty in cui si ride, si riflette e si coglie il vero senso della vita: una specie di deus ex machina di cui non si sa nulla, che dà la soluzione alla vicenda e lascia la sua morale.  Molti altri sono i personaggi di contorno che Walter incontrerà nel suo viaggio, ma è giusto che non siano approfonditi: così è la vita, quando incontri qualcuno per caso cogli solo quel momento della sua esistenza, non puoi pretendere di avere troppe risposte. 




La sceneggiatura risulta comunque ben equilibrata da un punto di vista ritmico, e la regia discretamente esperta (bello ma forse sovrabbondante l'uso di inquadrature zenitali) è aiutata da una meravigliosa fotografia (forse a tratti troppo lucente, soprattutto nelle scene a Manhattan) e da scenografie pazzesche che consentono volteggi della macchina da presa senza precedenti (i paesaggi freddi e incontaminati di Groenlandia, Islanda e Himalaya, valorizzati da inquadrature a campo larghissimo, tolgono davvero il fiato e spingono lo spettatore a voler intraprendere davvero il viaggio di Walter). 
L'uso delle musiche è molto interessante e appropriato, così come il montaggio sonoro che, attraverso dissolvenze audio, aiuta la transizione da una scena all'altra. Buon lavoro anche da parte del reparto effetti visivi e dal reparto make-up, che consentono ai sogni di Walter quando "si incanta" di prendere vita: dalla lotta in stile Marvel con il nuovo manager alla scena-parodia de "Il Curioso caso di Benjamin Button" (unico vero momento da spezzarsi in due dalle risate di tutto il film), e ottimo lavoro anche nella fase di montaggio, soprattutto perché i "sogni" di Walter Mitty indicati dal titolo cominciano senza che lo spettatore se l'aspetti. 




La mia curiosità è stata dunque appagata: benché in estrema sintesi il film sia troppo Stiller-centrico da molti punti di vista e manchi di una vera profondità (punto forza di altri film del genere, come Forrest Gump), questo film si lascia guardare, scorre, diverte, a tratti a crepapelle, fa riflettere, commuove, affascina, soddisfa lo sguardo e le emozioni, ma soprattutto, seppur in maniera non eccessiva, fa sognare come Walter Mitty promette fin dal titolo.
Con tanto di lacrimuccia conclusiva. 


VOTO FINALE:  7.5

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